'O 'mpagliasègge (L’impagliasedie)


“Mimmuccio!”
“Mammà ditemi!”
Era la terza volta che la signora Carmela urlava il nome del figlio affacciandosi dal balcone della camera da letto, e tutte le volte gli aveva ricordato di non dimenticarsi qualcosa.
“Ricordati pure le vongole che ti faccio la pasta come piace a te, ossì?”
“Va bene mammà, le vongole. Buona giornata!”
Mimmuccio, all’anagrafe Domenico Esposito, per il suoi compaesani Nino 'o 'mpagliasègge, scese velocemente le scale in pietra del vecchio palazzo del vicolo La Tonnara, in cui da sempre viveva con la mamma Lina, Carmelina, di 82 anni…
Quella mattina alla bottega c’era un sacco di lavoro da finire e Domenico ripeteva mentalmente gli ordini che gli erano rimasti. E poi doveva andare dal pescivendolo all’angolo per comprare le vongole che la signora Lina avrebbe cucinato con gli scialatielli fatti in casa il giorno prima…..
La saracinesca si alzò con un rumore stridulo di ferro arrugginito e un odore pungente di trucioli di legno invase prima le narici ormai assuefatte di Domenico e poi l’intera strada. La bottega era piccola piccola, con una finestrella che dava nel cortile alle spalle del palazzo. Il pavimento era ricoperto di scaglie di legno e fili di paglia da così tanto tempo che nessuno avrebbe potuto ricordare il colore delle mattonelle, se ce n’erano...
Quando era piccolo, Domenico andava fiero delle mani callose e ruvide del papà. Le guardava con ammirazione e pensava che anche lui prima o poi avrebbe avuto quelle mani grandi e forti. Si sedeva per terra davanti al padre che lavorava e osservava la velocità con cui intrecciava e annodava i fili di paglia. Lui a 13 anni già sapeva fare le ceste, anche se piccoline… Era cresciuto tra l’odore di paglia e legno e riparare le sedie era l’unica cosa che sapeva fare.
Da allora erano cambiate un sacco di cose ormai. Il mulo era morto già da tempo ed era stato prontamente sostituito da un furgoncino senza tetto che arrancava sulle salite sotto il peso di centinaia di sedie e ceste. Purtroppo da qualche anno gli affari non andavano più tanto bene. Quasi più nessuno portava a riparare le seggiole, se una si rompeva veniva buttata e sostituita con una più moderna e resistente ma assolutamente insignificante, pensava Domenico…
Fatto sta che era l’ultimo 'mpagliasègge rimasto, e lo sarebbe stato ancora per qualche ora.
Gli avevano fatto una buona proposta e lui era stato costretto ad accettare di vendere la bottega nonostante il cuore che gli si stringeva in petto.
A tutto questo pensava Domenico mentre riparava l’ultima sedia rimasta nella bottega… In quella passò don Michele coppola in testa e giornale sotto il braccio. “Ninuccio stai chiudendo?” le voci in un paese corrono più veloci dei pensieri…
“Oggi alle quattro si vengono a prendere le chiavi.”
“E che dice Carmelina?”
“No – fece una smorfia di sufficienza – e che glielo dico a fare, per darle un dispiacere?”
Don Michele annuiva con fare solenne quasi a dire che decisione migliore non poteva essere presa.
“E vabè che dobbiamo fare. Io ancora mi ricordo quando eri piccirillo e aiutavi tuo padre a vendere le sedie. Ma qua i tempi stanno cambiando, ci stiamo ingiallendo come vecchie fotografie lasciate al sole. Stanno cancellando la memoria di sto paese, senti a me. Un tempo qua era tutto diverso. Non si poteva stare un po’ in silenzio e qualcuno si lamentava pure ma, ti dico la verità, come mi mancano le urla dei venditori!... Eh Ninuccio, mo qua non urla più nessuno. Tanti saluti a donna Carmela!” e così dicendo prese la strada del bar.
…. Erano quasi le quattro. Prima di uscire Domenico come sempre diede un bacio sulla testa a Carmelina e lei gli diede due buffetti sulla mano.
Scendeva lentamente le scale Domenico, oggi non aveva fretta.
“Mimmuccio!”
“Mammà ditemi!”
“Mi raccomando ammamma chiudi bene la bottega quando torni che se no papà da lassù tiene i pensieri.”
“Va bene mammà, la chiudo bene.” e si avviò verso la bottega sussurrando tra sé e sè con un sorriso malinconico “'O 'mpagliasègge, chi me vò?”